venerdì, marzo 7

un sorriso da bambino

Li hai visti, i bambini quando sorridono?
sembra che sappiano qualcosa che non sai... Non dico ridere, ma sorridere. Anche se mi piace quel loro ridere a bocca aperta, senza fine, senza pensieri. Se ne vedono sempre meno, ma mi ricordano quelle volte che facevo l'aereo sulle braccia di mio papà, o rotolavo nel prato, o mi imbrattavo la faccia di more e correvo nei prati senza che niente potesse far pensare ad una fine (per così dire) logica, perché la logica, da bambini, è tutta personale e presente:
si immagina, da bambini, ma si immagina "ora", e tutto diventa vero.
Da bambini è tutto un "facciamo finta che eravamo...", il che delinea una storia passata, ma poi c'è solo il presente: "facciamo". E questo fa anche capire che da bambini si sa, la differenza tra immaginazione e presente, ma le due estremità si baciano, e tutto è, contemporaneamente.

Ecco, a volte si passano anni a cercare di ritrovare quel bambino, e taluni credono che infilarsi cose da adolescenti, farsi le codine, bamboleggiare con fare birichino sia tutto ciò che serve.
Invece non serve altro che ritrovare quel senso di sorpresa che deriva dal non aspettarsi le cose, dal non sapere ancora che babbo Natale non è che che quello zio travestito, o mamma e papà che mettono i doni sotto l'albero quando alla fine, dormi. Però immagini e sogni, e le immagini e i sogni si realizzano. 
Non dico ti dico niente di nuovo, ma di nuovo c'è che ho rivisto quegli occhi, ho rivisto quel sorriso apparire fra le rughette del viso e i capelli che oggi non hanno più tanti riflessi biondo-cenere, quanto piuttosto delle spume grigio-bianco, ma questo mi piace; "facciamo finta che mi era caduta la neve sui capelli e...".  E...
Va bene, sai. Apprezzo questa vecchiezza che racconta i ricordi senza volerli più, senza fermarsi a dire come era bello, perché è bello ora. Ora che "facciamo che", senza fare finta.

E che ne facciamo, ora? Ora che non ci sei, amico mio con cui abbiamo valicato i mari, e corso nei cieli, e ci sono io per tutti e due;  ora che infilo quella maglia solo perché il biplano mi rimette le ali, e mi sento un aviatore anche senza andare da nessuna parte,  "facciamo che avevamo già visto questo addio, e ci ritrovavamo..
E ci ritrovavamo?
Si, facciamo che era qui, facciamo così!
Perché ho rivisto quel sorriso mentre stavo accucciata di fronte ad una piccola principessa, mentre seria seria (te lo ho detto che ce ne sono pochi, di bambini che sorridono) giocava nel corridoio con un cavallo viola, spiegandomi che volava solo perché era un giocattolo, mentre per me volava davvero perché aveva le ali, come il mio biplano e la mia immaginazione. 
E l'immaginazione, quella si, che mi ridona il sorriso. Poiché adesso che gli anni si son fatti monili, il cuore resta monello e ride, a bocca aperta, vedendosi sorridere allo specchio, ben sapendo qualcosa che prima non sapeva. Che tutto ciò che immagini si realizza, ora, qui.
Perché è ora, e qui, che riconosci di averlo creato nei giochi: "facciamo finta che ero una maestra, un grande mago, un lanciatore di coltelli, un paracadutista, un guerriero, uno scrittore, un pirata...".
Tante di quelle vita, abbiamo vissuto tu ed io, e tante di quelle volte ci siamo incontrati. 
Ora, dunque, "facciamo che.." ma non facciamo più finta, perché questa al fine è la differenza fra gli adulti e i bambini: gli adulti non fanno più finta. Fanno.
Eppure questo non vuol dire smarrire i sogni, smettere di immaginare (che ci fa vedere le vie di uscita, le soluzioni, le vie in partenza). Non fare più finta significa che si è consapevoli che quello che si immagina è reale, in questo magnifico gioco che è la vita, quindi si possono formare le cose in modo consapevole: proprio come si scrive, purché non ci si perda negli "automaticamente".
Non fare più finta significa che, ben sapendo che tutto è nell'immaginazione, la storia e la meta si scrivono con quel "facciamo", e non con quello "che eravamo".

Ecco... Facciamo che sorrido allo specchio, e d'ora in poi, invece del sorriso che ora si vede, cerco quel che l'Alighieri dice essere il "molto ... da vedere che tu non vedi". Quello che è dietro agli occhi, dove ti riconosco ogni giorno, qualunque colore hai "fatto finta" che abbiano.