giovedì, settembre 27

L'inizio e la fine - 102 cose da fare nella vita (lanciarsi con il paracadute)

L'inizio e la fine coincidono.
Eppure questa non è la fine (del blog), e quindi m'immagino che sia un passaggio sull'origine, ma molto più in alto (almeno 3500 metri), di questa spirale che è la vita.

34 - saltare nel vuoto, ma senza nessun vuoto dentro.

La fine e l'inizio coincidono. Così, quattro anni più tardi cado di nuovo, ma senza nessuna frattura perché stavolta, non c'era niente da aggiustare. E non c'entra che una parte di me temesse di avere una malattia incurabile, avrei saltato comunque. 
In effetti, anzi, proprio in virtù della pretesa altezza raggiunta (a bordo di un aereo così piccolo che sembrava un giocattolo), posso ben dire che non sono proprio caduta: ho saltato. 



Un lancio con il paracadute, si: e già tutti quelli che conosco, tranne uno o due che l'hanno fatto, mi dicono che sono un eroe. O che "raccontami!", "ma come hai fatto?", "lo vorrei fare anch'io..."; e poi che sono 'un mito', 'pazza', 'scavezzacollo' [1] ... ma anche coraggiosa (quello l'hanno detto tutti). Coraggiosa, si, ma solo prima [2], e solo dopo i primi tre secondi di distacco dal ventre dell'aereo, in cui ho urlato con tutto il terrore possibile (proprio come se nascessi ancora) di vedersi andare incontro alla terra senza niente che ti leghi al cielo. 



I miei soliti voli (pindarici) sembrano meno pericolosi, ma a distanza di qualche giorno, riconosco che il tanto tempo passato fra l'aver sognato di farlo e saltare, è servito a sapere che la stessa adrenalina si diffonde nelle mie ascese vertiginose, quando mi lancio verso le mie eleganti teorie, sulle ali (o con il paracadute) della Tradizione: alla ricerca di me, alla ricerca di Sé.

 Ho urlato con tutto il terrore possibile nel vedersi allontanare dal cielo e precipitare al suolo, come se nascessi ancora, ma a ritroso. Nei secondi che passano in cui non sei più là, ma non sei ancora qui, il funicolo ombelicale non c'è. Sei assolutamente solo. Sei l'anima che si distacca. 
La prima volta, per pochi secondi, è la prima volta che sei incosciente (in tutti i sensi!): e cadi. E urli.

Ho urlato (nel senso fisico, di questo essere umano che è qui), con tutto il fiato dell'istinto, ma salterei ancora. Lo faccio ancora, è certo. Perché poi, lì davanti alla terra, che ti sembra tutta la terra...



...per il tempo che sai che potresti anche non tornare più, senti che nient'altro conta, se i conti sono a posto.
Così è, e non si guardi la battuta sul dare cibo al cane (che il Falco-istruttore non ha) o sul lasciare il numero del bancomat (che Lila-aquila, ha), perché lassù l'istinto sopravviveva, ma io non avevo nessun rimpianto. 
Attaccata all'aereo, con tutto quello spazio sotto di me, e pochissimo tempo per  rinunciare, ho pensato "no-no-no". Poi ero nel vuoto, sola, 'chè non sentivo il peso del "Falco" dietro di me, leggero come son'io, vagabondo del mondo come la mia anima.

Altro che "milleeuno, milleedue, milleetre", come si racconta che dovresti contare: "omioddio,omioddio,omioddio!", ha urlato l'animale impaurito di fronte all'infinito, sopra la linea dell'orizzonte, sotto l'ala che s'allontanava inudita. Tre secondi.


E poi l'ho udito, questo si. In tutto il corpo, da dentro, dall'infinito dentro, è risuonato il mio mantra. 
Quello che avevo recitato nelle Sadhana di altre mattine, più lontane di quel suolo, rarefatte nel ricordo quanto l'aria intorno a me. E' suonato da solo, come la vibrazione fondamentale, placando  l'urlo, e il pensiero:
                                  "Wahe guru".
[3]e [4]


"omioddio che?", dice il Falco alle mie spalle.
"...che meraviglia!".



Da lì in poi, da qui, è solo gioia. E quando si è apre il paracadute, rimango sorpresa di quell'improvviso mutamento, del cambio di prospettiva che rimette l'orizzonte di fronte, invece che ai margini del campo visivo come quando scendi orizzontale. Scendendo, salgo. Scendendo so che lo spettro della paralisi progressiva, fino a morte certa, era già stato sepolto a Trieste; che l'unica cosa che paralizza, è la paura. 
Scendendo so di tornare, non solo al cielo (magari un'altra volta), ma alla terra, alle persone che amo, e che qualunque cosa accada, accade perché sono viva. 
E' la vita in tutto il tempo concesso, che è sempre adesso, e qui.




[1] Ora so anche che cosa ho effettivamente; non ci si muore, ed è un problema adatto proprio ad una "scavezzacollo"! :una brutta ernia cervicale che impronta il sacco durale.
[2] Non ha coraggio chi non teme il pericolo, ma chi, pur avendo paura, lo affronta comunque. Almeno, così si dice.
[3] Wahe Guru, secondo la mumerologia tantrica è uno dei miei mantra.
[4] Wahe Guru, leggo, è "sapienza indescrivibile, è un mantra d'estasi ... GU significa oscurità, RU significa luce"
Altrove: "Wahe deriva dalla parola persiana Wahid che significa "uno solo". ".
Traduzione: Io sono in estasi quando faccio esperienza dell’indescrivibile Saggezza
Effetti: è il Mantra dell’Infinità dell’Estasi e del risiedere in Dio. Esprime l’indescrivibile esperienza di passare dall’Oscurità  alla Luce (dall’Ignoranza alla Vera Comprensione). è l’insegnante infinito dell’Anima. è un Trikutee Mantra, esso equilibra l’energie del Generare, Organizzare, Trasformare i principi. Esprime Estasi attraverso conoscenza ed esperienza. è il Gurmantra che da inizio al Destino. è detto che cantare Wahe Guru equivale a cantare Har 11000  volte."





venerdì, settembre 21

la morale della favola



La notizia è di qualche giorno fa, ma possiamo giurarci, ne sentiremo s-parlare ancora.
Il ministro dell’Educazione nazionale francese Vincent Peillon, ha annunciato che, previa preparazione degli insegnanti, dal prossimo anno nelle scuole si insegnerà “morale laica” . Naturalmente i cori, di favorevoli e contrari, si sono già levati... sopratutto da noi, che come si sa, viviamo in uno stato di semi libertà (qui il link per i coraggiosi), assuefatti alla morale cattolica tanto da tralasciare l'idea che ci sia altro, al di fuori di essa, che possa permetterci di vivere liberi. Quindi nel rispetto degli altri.

Ma cos'è questa “morale laica”? I proverbi, dico io sulla scia dell'amica di Amelie Poulain, basterbbero da soli a dirci se una persona è per bene o meno. “Chi conosce bene i proverbi, non può essere del tutto cattivo”, dice Gina nel film. Concordo. E, per quanto sciocco, mi sembra un discreto punto di partenza. Si obbietterà che non sono necessariamente principi morali, certo: ma sono l'inizio del buon senso, quello che sembriamo aver smarrito insieme al senso civico. Ci restano i non-sense, i doppi sensi, i sensi unici alternati, le strade senza uscita. E, naturalmente, i quattro sensi di una interpretazione: “Il senso letterale insegna i fatti, l'allegoria quello che bisogna credere, la morale quello che bisogna fare, l'anagogia quello verso il quale bisogna tendere”., e quindi, la Via.
Quella che, per i medici e ormai anche per i paramedici, inizia nel: “primum non nocere” del Giuramento di Ippocrate. Morale laica? Io comincerei da qui.

E poi, insegnando a sognare, e segnarsi, gli eroi; non gli eroi come Batman, ma quelli di Batman: “Chiunque può essere un eroe, anche un uomo che fa una cosa semplice e rassicurante, come mettere un cappotto sulle spalle di un bambino, per fargli capire che il mondo non è finito”.

Ma certo non sono io, che a volte mi preoccupo del fatto che l'ombrello non si intoni al rosa antico del golf, a poter dare lezioni su questo. Sull'armonia cromatica, magari, ma su questo, devo rifarmi, alle più solide basi di quegli ideali che la rivoluzione francese (guarda un po') ha fatto echeggiare, e che riecheggiano in certi ambienti, in fiati che hanno la solida aspirazione a raggiungerli: libertà, ugualianza, fratellanza.
Fra tutti. Senza distinzione di colore di pelle, di fede politica, religione o ateismo. Perché Laico non significa Ateo. Laico non significa incapace di amare, e se non si insegna ad amare, si impara.


"Per noi ... la libertà è il dovere di compiere e di non compiere atti secondo la determinazione della propria volontà. E' il diritto di fare tutto ciò che non è contrario alla legge, alla morale ed alla libertà altrui. E' il diritto di approfittare dei vantaggi garantiti dalla legge a tutti i cittadini, di partecipare col proprio voto alla promulgazione della legge, che deve essere rispettata ed obbedita da tutti".
La necessità di affermare l'
Uguaglianza nasce, senza meno, quando c'erano differenze sociali maggiori di oggi, almeno all'apparenza. Perchè sento ancora un amico che afferma che il rapporto tra uomo e donna non funziona, se lei è ricca e lui no. Sento ancora chi fa differenze di nascita, condizione e razza, immaginando che il confine fra sé e l'altro sia nell'avere, e non nell'essere umano.
La necessità di affermare l'Uguaglianza nasce, senza meno, quando c'erano differenze sociali maggiori di oggi, almeno all'apparenza. Perchè sento ancora un amico che afferma che il rapporto tra uomo e donna non funziona, se lei è ricca e lui no. Sento ancora chi fa differenze di nascita, condizione e razza, immaginando che il confine fra sé e l'altro sia nell'avere, e non nell'essere umano.
E qui, si torna alla morale. All'educazione morale laica, perchè non è (mai) Dio che ci impone qualcosa, come non sono gli altri, ma piuttosto una sana coscienza che sia in grado di riconoscere prima se stessa, e amarsi, e insieme a ciò diviene in grado di rispettare gli altri. “Ama il prossimo come te stesso”, dice la mia “morale” (cattolica?). Quindi, e non stiamo parlando di egoismo fine a se stesso, per prima cosa ama te stesso. Mi dice la morale.
La reciprocità che è alla base di ogni uguaglianza, nasce dalla applicazione delle regole dell'armonia e della ricerca del “giusto e perfetto”...”.
“La Fratellanza ... non è un comportamento o atteggiamento virtuoso dettato da un comandamento esterno .... E' un "principio" primario, connaturato alla specie, origine di comportamenti e stimoli necessari per la sua perpetuazione, (a partire dalla cooperazione per la sopravvivenza, l'acquisizione del cibo e la difesa del gruppo).”
I massoni lavorano incessantemente “per edificare Templi alla virtù e scavare profonde ed oscure prigioni al vizio". Viene detto che "La virtù (secondo la sua etimologia vuole dire forza,) è la forza di fare il bene, assoluto compimento del proprio dovere...è virtù pubblica quando è dedicata alla Patria, allo Stato, alla Società; .. è virtù privata quando si esercita senza sforzo, ma con disinteresse, in favore degli individui. .. è virtù domestica quando è rivolta ai doveri familiari: la virtù in tutta l'estensione del termine non arretra né davanti ai sacrifici, né davanti alla morte, quando si tratta di compiere un dovere."



La Libertà non è discrezionalità, non è “senza limiti", non è "libertà di fare ciò che si vuole”; ma, come Evola distingue, vi è differenza fra “libertà di” e Libertà “per” (qui il link). Come la libertà per adempiere alla legge morale, che Kant osserva dentro di se.
La legge morale (che si distingue dall'etica1, in continua evoluzione), consta di tutti i principi del rispetto e, credo, anche dell'amore dell'uomo per l'uomo. “Non fare agli altri quel che non vorresti fosse fatto a te”.  In primis. Perché sul contrario, qualche obiezione si può porre, in modo paradossale: un masochista, potrebbe credere che anche gli altri traggano piacere dal ricevere dolore, per esempio.
Morale e libertà, comunque, hanno una origine interiore.
Come possiamo credere che uno stato le insegni2? Proprio in virtù di quegli assoluti, che partono, ahinoi, da buongiorno e buonasera, dall'imparare l'assistenza e l'ascolto dell'altro, fino ad arrivare all'intuizione della sua necessità. Ma questa, è un 'altra storia.
Una storia che conduce, necessariamente, all'etica, quando, compresi i principi morali, si sia in grado di essere in “libertà del sé nei confronti della propria volontà; inclusa la capacità di prendere le distanze da abitudini, convenienze e conformismi.”
La libertà è morale, quando rispetta quella altrui negli stessi termini, e a partire dal pensiero di Voltaire: “Posso non essere d'accordo con le tue opinioni, ma difenderò sempre il tuo diritto ad esprimerle”.
Se il limite appare essere quello della tolleranza, qui si odora il concetto di ugualianza e fraternità.
Si può obbiettare che “l'uguaglianza tuttavia non può, in senso civico e morale, essere assoluta”: per questo vi è la Legge. Per questo vi è la Giustizia. Ma l'ugualianza “graduata [in certi ambienti], per gradi di saggezza, è simbolizzata dalla "paga del lavoro muratorio", intesa come incentivazione basata su valori di alta idealità”;   quindi non su utopie social-comuniste, ma sul più alto concetto Dantesco della ricezione della luce. La luce non è minore o maggiore in sé, ma solo nella capacità che noi stessi abbiamo di percepirla.

Che poi si affida a “regole di comportamento (etica individuale e di gruppo) che mirano essenzialmente alla creazione di valore – e di valori – per l'esistenza”.
Alla competizione si contrappone la solidarietà; il progresso è concepito come risultato della ricerca dell'uomo a migliorare sé stesso, "usando la mente come un cuneo per allargare, meglio che si può, gli interstizi del muro che lo stringe da ogni parte"3.


E si arriva così alla Fratellanza. L'amore fraterno è “giusto e perfetto”; è quanto di più puro possa esistere; è l'amore incondizionato che ti accetta come sei,  pari a quello tra genitore e figlio, non fosse che lo sopravanza nel suo non essere “deciso”. I fratelli non si scelgono, ma si riconoscono solo come tali (e crescono insieme).
Parafrasando:   gli uomini non si scelgono, se non, e questo lo impariamo sulla nostra pelle, con le scelte che facciamo (gli uomini non si scelgono, ma crescono insieme)
Ma se per i fratelli di sangue possiamo parlare di scelte fatte in (eventuali) vite precedenti, per i Fratelli che troviamo sul nostro cammino tutto è lasciato alla decisione di amare l'altro come se stesso. Come è in se stesso. Come è in , perché siamo tutti parte di Una sola Natura.


La morale laica è quindi frutto del principio di solidarietà e del rispetto della vita; della positività nell'agire e nel pensare4. È ricerca del bene comune, come necessità dell'uomo evoluto.
Non sempre gli individui sono formati a questo, e benchè si possano comprendere le proteste, anche in Francia sono state numerose, di chi rivendica il diritto all'educazione dei figli (cosa che comunque avviene ed avverrà sempre; l'influenza del nucleo familiare è comprovata e semmai integrata dall'esterno), mi sento di affermare che la “morale laica” può costituire una mappa di come muoversi.

Le sue 'due chiavi' sono l'altruismo e il rigore razionale, che vanno equilibrate e possedute entrambe, come la chiave bianca e quella gialla che Dante sbandiera nella Commedia.

Realizzato il rispetto di sé, l'altruismo è un sentimento che spinge ad agire per il ben-essere degli altri, trascendendo se stessi, mentre il rigore razionale “detta la stretta osservanza dei rapporti giuridici o economici o politici tra gli uomini.” Entrambi gli aspetti hanno il cuore nella fratellanza, prima riconosciuta all'interno di una cerchia, e poi estesa a tutti coloro che ci circondano.
Intravediamo quindi che: "La morale è […] la legge naturale universale ed eterna che regge tutti gli esseri intelligenti e liberi. E` la coscienza scientificamente spiegata [e ci fa apprendere] i doveri e l'uso ragionato dei nostri diritti.
Nella Libera Muratoria5  la legge morale risulta dal continuo tentativo di equilibrare nella società reale le leggi naturali,  ed è morale colui che saprà rispettare e vedrà rispettata integralmente la sua vera natura e quella degli altri”.

La legge morale è quindi la virtù che implica la reciprocità, e naviga (ah! La navicella dell'ingegno dantesco, che alza le vele, per correr miglior acque!) verso la creazione di valori comuni costruttivi, attraverso la riflessione sulle azioni compiute, e su quelle da compiere per il bene dell'individuo e dell'umanità.

La ricerca morale e quindi di una morale laica, è questo, e dovrebbe tendere allo scopo “di migliorare progressivamente la qualità del proprio lavoro.", oltre che del proprio essere.
Alla luce di queste riflessioni, che forse nascono anche da qui, mi addolora tanto più vedere persone che conosco, che commentano di fronte ad un problema dell'azienda pubblica per cui lavoro (e alla proposte per cambiare le cose) che: “non siamo noi, [del popolo, delle basse sfere,] a dover proporre le soluzioni”.
Queste persone sono per me, come quei che “han mala luce”, come direbbe il Poeta sommo (ma non mi arrendo: i fratelli crescono insieme!). Non vedono che quel poco concesso loro, ma non hanno nemmeno la legge morale (di cui fin qui) a guidarli. Poiché se c'è un difetto che hanno gli uomini, è delegare agli altri la possibilità di salvarli. E' credere, riprendendo l'idea di chi ci troviamo attorno (e io barcollo!) che quanto accade intorno non dipenda (anche) da noi.

Consideriamo ancora, quindi, che "Il vizio è ogni concessione fatta all'interesse ed alla passione a spese del dovere. E' la soddisfazione dei cattivi desideri dell'uomo (…); pericolo contro il quale bisogna armarsi con tutte le forze della ragione, con tutta l'energia del carattere,  e che si perviene a distruggere con il quadro dei godimenti ... procurati dall'uomo da una vita di saggezza e virtù. (…) Noi lavoriamo senza tregua al nostro miglioramento, (…). Il vizio può essere .. identificato nell'azione inutile, dannosa, immotivata, stupida, irriflessiva, che non crea valore e nemmeno vantaggio. Il lavoro della coscienza, quello della costante valutazione ed analisi di pensieri ed emozioni relative all'essere e all'agire, quello del controllo dei rapporti che li legano, è già lotta contro il vizio”.

Chi prenda coscienza di questi aspetti, impara in primo luogo ad assumersi la responsabilità dell'azione, e poi a cercare di rinnovare il processo perchè si trasmetta al prossimo, e alle prossime generazioni. Ma tutto questo, come detto, non può prescindere dal perseguire, innanzitutto, il proprio perfezionamento, La Ricerca di sé; la conoscenza oltre il dogma, che limita e trattiene dal fare della legge morale la propria legge interiore come riconoscimento cosciente, e non come imposizione.


E torno all'inizio: PRIMUM NON NOCERE, ma nosce te ipsum.. e conoscerai te stesso e l'universo. Allora, come dice Kauschik, “... in noi c’è vero Amore [e] sapremo dare a tutti ciò che dobbiamo dare”.

La morale della favola, è, solo ora: “ fai agli altri come che vorresti fosse fatto a te”.





1    L'etica è un divenire non una realtà; una evoluzione, non un assoluto. Se guardiamo nel passato, quante azioni ritenute in altri tempi morali, oggi sono ritenute immorali. 
2  "Per Ernesto Nathan lo sviluppo dell'individuo nella libertà e nella giustizia é il fine. La pubblica amministrazione è il mezzo per perseguirlo e realizzarlo... Bisognava liberare le menti dai dogmi e dalle superstizioni educandole a pensare con la propria testa. Bisognava educare all'esercizio dell'autonomia morale e alla gestione della libertà di scelta. Bisognava insomma, educare all'etica laica della responsabilità, dove l'azione ha valore in se stessa e per le conseguenze individuali e sociali che implica:" (Maria Mantello)
3  Accenno qui, l'ifea della libertà “da”, come libertà dal conosciuto. Come libertà da quei vincoli rappresentabili con l'ego.
4   La cosa che più si avvicina credo sia l'Ottuplice sentiero del buddhismo, che cito, non a caso, come filosofia, e non come religione: : Retta Comprensione, Retta Motivazione, Retta Parola, Retta Azione, Retta Vita, Retto Sforzo, Retta Consapevolezza, Retta Concentrazione.
5  La massoneria mi sembra la miglior scuola di morale laica cui riferirmi al momento, almeno come Idea;  lasciamo stare gli uomini che non sono sempre “giusti e perfetti” .

LINK: 
http://www3.lastampa.it/esteri/sezioni/articolo/lstp/467211/
http://www.uaar.it/news/2012/09/04/francia-arriva-morale-laica-non-atea/
http://www.lejdd.fr/Societe/Education/Actualite/Vincent-Peillon-veut-enseigner-la-morale-a-l-ecole-550018

venerdì, settembre 14

Il tempo dei saluti - le cose da fare nella vita

Sta finendo la stagione.
Si chiudono gli ombrelloni, ci si saluta sulla riva, un po' sporchi di quella sabbia che vorremmo portarci a casa, come se l'estate, così facendo, potesse non finire. Sospiriamo di desiderio, salvo accorgerci subito dopo che la tenda piegata nel sacco, e le nuvole sull'orizzonte, sono esattamente dove devono stare.
Che le cose sono destinate a finire perché la vita e l'universo, sono fatti di cicli a spirale.
Un domani non troppo lontano, che nella relatività del tempo è già ora, torneremo sulle rive; chi, fingendo di non sapere che la sabbia è cambiata, portata dal mare o dal vento un po' più qua. Altri sapendo che nemmeno nello stesso mare ci si bagna due volte, soprattutto se si concede spazio al cambiamento.

Ci saluteremo sulle rive, e con altri ci ritroveremo o ci perderemo nella rete;   Madama Dorè ci sta salutando, forse perché ha trovato l'uscita dal labirinto, e ci auguriamo, è finalmente felice.















Altri arriveranno e li terremo in mano come si prende la rena;  alla fine, resterà solo la mano, e poi sarà anche quella polvere. Ma se sappiamo, e ci manteniamo coscienti, non smetterà di sussistere, si sposterà solo un poco più in qua, portata ora dal mare o dal vento.

Perché la vita e l'universo enumerano molte più cose da fare delle 102 cui aspiro, per poi sommarne altre sei, e arrivare a 108, e poi chissà.

Ora che vi ho detto la fine, forse devo ricominciare dal principio:
33- iniziare ogni giorno dal principio la lista delle cose da fare, per fare di ogni numero un limite da infrangere.

Ora che vi ho detto la fine, posso smettere di contare i granelli, e cercarmi le dita, e dalle dita arrivare un po' più su, un po' più dentro, anzi, molto più dentro. A quella scintilla che ci brilla dentro gli occhi, quasi una lacrima, quando ci si accomiata.
A quella scintilla che ci brilla dietro negli occhi. Come il sorriso di quando ci si trova.


Buon viaggio, Madama Dorè


Alba sul mar Rosso









mercoledì, settembre 5

il viaggio dentro (3)

  I giorni successivi ho scelto la lezione più breve e tarda del mattino;  a tu per tu con i miei limiti, ho avvertito la necessità di riposare questo corpo sempre in servizio, sempre forte, di corsa, in orario; che ha un diario di rughe intorno alla bocca, giù tra gli occhi, ma anche di lato, dove si fermano i sorrisi.
Mi levavo lo stesso con il sole, facevo i miei esercizi e magari una passeggiata al fresco per rubare qualche frutto dagli alberi, solo per senntirli tra le mani appena raccolti, sapidi d'alba e di collina. Abbiamo lavorato sui chakra, e ho colpito con leggerezza le sicurezze intorno a me, ma l'ho saputo dopo. Qualcuno direbbe troppo tardi, ma penso di no. O almeno perché non pensavo a nulla (talvolta) mentre la giovane insegnante si preparava agli esami regalandoci un'ora di yoga nidra, o il compagno della insegnante ci prolungava la vita nella meditazione camminata.

Agosto, giorno 9 - pratichiamo il silenzio e la meditazione camminata
Annuso l'aroma che sale dalla terra calda, i panni stesi sull'orizzonte, il sale sparso nel vento, l'edera arrampicata alla fattoria, la mia pelle di pecora che si tiene l'essenza della mia casa.
Seguo il volo delle farfalle, le pieghe delle mie dita, la bracciata lenta nell'acqua della piscina, la foresta di parole sulla pagina del libro.  Il libro parla, lo so, e il silenzio un po' si rompe; ma resta un segreto racchiuso tra me e qualcun altro che se ne accorge. Spero che l'Alighieri, defunto da tempo ma più che silenzioso, segreto, non lo racconti; mi 'conto i Canti saltando i commenti. L'autore di questi è vivo, e parla troppo forte.
Annuso l'erba schiacciata contro il naso, diveltami dal libro e sfaccendata a faccia in giù per mischiarmi alla terra. Il sole che  rilascia i muscoli sotto la pelle, la pelle (di pecora) sotto la pancia a scaldarmi l'addome.

Alle 16e30 chi vuole approfitta delle domande sulla "meditazione camminata" per spezzare l'inquietudine del silenzio. Qualcuno, si vede dal parcheggio svuotato, se ne è andato. Osservo, provo a zittire i pensieri, ascolto l'istruzione, seguo: il primo inspiro spinta con il piede, trattieni l'aria dentro, la gamba arriva alla verticale, espira il tallone poggia, trattieni l'aria fuori (mi sembra di morire), la punta poggia. E:
Inspiro (quanta aria!) - spingo. Trattengo (i muscoli si sgravano muovendosi). Espiro (il peso si sposta nel bacino). Trattengo (mi sembra di morire).
Inspiro (spingo). Trattengo (il polpaccio tira). Espiro (senti quanto piede!). Trattengo (mi sembra di morire).
Inspiroespingo. Trattengoesollevoilpiede. Espiroepoggioiltallone. Trattengo (c'è spazio,senz'aria).
Inspiro. Trattengo. Espiro. Trattengo.

E' andata avanti così, più o meno: presente, pensante, soffocata, piena, pesante, forte, attenta, distante.

Dopo, dopo la meditazione seduta, e di nuovo camminata, per un po' di tempo camminare veloce è stato difficile; più che altro privo di senso, ecco, come se il ritmo fosse quella consapevolezza, quella lentezza e accuratezza che mai si dedica ad una attività così... così scontata. Almeno per chi non ha mai avuto difficoltà; almeno per chi non ha mai deciso di percepire cosa succede quando ci si muove.
Nella consapevolezza del mutamento delle cose, ci sono bellezza, forza, saggezza. C'è il sorriso, che sommerge le rovine dell'ultimo sconquasso del mondo noto, e crea il momento giusto per ricostruire.

Ricostruiamo l'integrità tra questo altro posto e il mondo fuori sulle note di canzoni ballabili, e spruzzando la "sacher" vegana con un allegria di vino.
Poi è tutto una polvere sulla strada bainca, mani dai finestrini, abbracci senza promesse. Promesse senza parole.

L'unica cosa in cui speravo venendo qui, era d'incontrare persone che capissero e condividessero quello che faccio. C'erano; ma ho anche trovato più di quanto stessi cercando.


"Vegno dal loco ove tornar disio". Nel terrazzino, a casa c'è un fiore di molti colori.