giovedì, agosto 30

il viaggio dentro (2)

Mai come questa volta, ho lasciato bene le cose, prima di partire.
L'inizio di ogni viaggio, ultimamente, coincideva con una fine. Con una fine scritta o detta, con il "mettere a posto le cose" per non lasciare niente in sospeso. Questa volta non ce ne è stato bisogno. Non avevo posto, fra le magliette e la pelle di pecora, per trascinarmi in valigia i piccoli screzi, le parole non dette, le sospensioni a tempo indeterminato di rapporti a cui credevo di tenere; li ho guardati, mentre chiudevo la lampo, e li ho gettati nella spazzatura differenziata, insieme ai vetri e  a tutte le cose che possono far male. Mi sono detta, mentre la strada mi aspettava, che come ho vissuto prima senza, posso farne a meno ora.
Così, seduta a tavola ho digerito un pasto vegano dopo l'altro, apprezzando facce e piatti nuovi, il mare visto dall'alto, il cielo visto da più vicino.



La prima sera mentre ci presentavamo tracciando sogni ed eventuali aspettative, scherzando per apparire simpatici, o seriamente risultando diversi a dispetto dell'apparenza, mi sono trovata presto vinta dal sonno, come ogni buon viandante nel mezzo del suo cammino in questa vita.  E mentre mi lasciavo alle spalle l'allegra tavolata, consideravo che a valicare la selva di immagini fasulle delle mie ed altrui aspettative, per affrontare i demoni dell'io, basta a volte l'atto di nominarsi e dipingersi con poche parole: vuota di attese e solamente curiosa, mi sono sentita "solo me". Sarà stato il posto, la pratica non era ancora ufficilamente iniziata, ma il raccoglimento già si preparava. Come se avessi preso tutto il possibile e l'avessi inghiottito con la pasta al pesto (rigorosamente senza formaggio) e la crostata di albicocche (rigorosamente senza burro).  Ci ho messo dei giorni ad elaborare veramente la faccenda, ma tant'è, mi sono assopita dietro il blu delle persiane, con l'aria della notte e i respiri delle compagne di stanza che lambivano il mio angolo.

Agosto, giorno 8
Lo yoga (la pratica di asanas) è silenzio e raccoglimento. E' un viaggio che porta lungi dalle pretese di essere "..." poiché ti mostra ciò che sei.
E inizi ad accettarti mentre ti accerti dei limiti; nessun confine invalicabile, proprio come il recinto della fattoria. A volte ci resti dentro per scelta, come le prime volte in cui la pratica costante della mattina diventa esercizio talebano di cui non si deve far a meno. Semplicemente, invece, dopo un po' di tenpo che pratichi, non puoi smettere. Poi non vuoi.
Poi sei in esercizio anche mentre ti rilassi il respiro seduto sul letto, senza necessità di andare ne' di stare, solo per scelta. E scegli di farlo.

Lo yoga ti mostra come sei. E inizi, certo di dove sei. Ed è per questo che non vai mai altrove (da te) e mai così lontano, e se non torni più (allo stesso modo), la fine del viaggio è nel iniziarlo.

"Sono Lila, sono qui per praticare".

giovedì, agosto 23

il viaggio dentro (1)

Premessa:

Quest'estate ho scelto di fare un viaggio diverso, non fuori dall'Italia, ma dentro di me. Caso volle che, nel momento di scgliere la meta per le ferie, mi sia stato indicato un posto in Toscana dove dal quinto giorno di agosto, si sarebbe svolto un corso residenziale di Hata-Yoga. Abituata al Kundalini ed estremamente incuriosita dalla ben più nota forma di Yoga, che avevo praticato solo un paio di volte molti anni fa e con una certa noia, ho deciso cheavrei tentato. La vita e le impressioni, cambiano se lasciamo aperta la mente.

Munita di più magliette del consueto, immaginavo di usarne una per ciascuna lezione (della durata di tre ore) dal momento che tale sarebbe il risultato di altrettante ore di Yoga Kundalini, ho cavalcato la mia curiosità fino ad una collina nei pressi di Magliano in Toscana; seduta a volte sul prato verde e morbido, a volte al bordo esterno del recinto della fattoria dove l'aria sa di terra e paglia secca, per consumare una sigaretta e l'esperienza, ho raccolto le impressioni tra il vento salato che s'innalzava da Talamone, e le cicale che facevano scendere le note dei loro concerti sugli astanti.

Agosto, giorno 7
Prima di partire questo posto era vicino. L'ho scelto anche per questo, perché da qui si vede Ilio, le cui bianche sponde sono un po' la mia seconda casa.
Una volta qui, però, ho scoperto che è molto molto lontano. E' un altro posto.
L'esperienza è di quelle che ti restano dentro con grazia, che te le indossi come il vestito da attore principale, da eroe del romanzo che hai appena chiuso, del film che è appena finito e il cui discorso di incoraggiamento, inevitabile come le stagioni, ti fa alzare fiero e risoluto: pronto a combattere per la tua guerra, o ancor più, per la tua pace.

L'esperienza quando ti resta dentro, può anche non ripetersi. Forse deve non ripetersi.  Ti insegna tracce eterne e amicizie perfette anche se brevi come una vacanza. Tracce che conducono altrove, amicizie che conducono all'ora, che ti specchiano e ti ri-vedi in questo riflesso che è quello che sei oggi, compresa l'unica persona su quaranta presenti che ti disturba le vibrazioni; ma alla fine ballerai anche con lei, che non è altro da te.
CIascuno torna a casa, nella sua città senza sapere se la vita ci condurrà ancora in un altro posto, in un qui che non è ora. Ma ora e qui, ti specchi. E leggi le tracce.

Vi è fra noi partecipanti, l'entusiasmo dell'uno per l'altro. Il desiderio di rendere eterno qualcosa, e questo è il presente di questo incontro. DI questa danza di quaranta corpi che si muovono all'unisono verso la stessa posizione, con la stessa solenne attenzione ad ogni gesto, allo spazio fra sé e gli altri, allo spazio in se stesso. E in se stessi.

"Vegno dal loco ove tornar disio!" mormoro solcando il prato qui sul colle; e ivi arrivata, sotto il cipresso che guarda il Giglio, fior di mare sospeso nell'orizzonte, mi siedo sulla radice a contemplare questo "loco", e il "disio" si placa, qui.