lunedì, novembre 30

Un attimo prima c'erano.
 E poi il vento s'è levato abbracciando i rami carichi e spogliandoli con poche carezze affrettate e come una vecchia coppia, l'albero e il vento si sono amati lungo la strada dandosi la mano, mentre le foglie attorno s'innalzavano, roteavano, scivolavano fino a terra alla ricerca d'un'altra dimora.

Due delle mie ragazze oggi si sono laureate, e mentre le guardavo con gli occhi lucidi abbracciarsi per assicurarsi il conforto prima della vittoria finale (la votazione), ho udito un vento che nessuno sembrava sentire, provenire da dietro la porta chiusa dei mesi passati assieme.
Mi ha abbracciata, mentre loro abbracciavano l'altra loro vita, quella che verrà dopo;  mi ha accarezzato gli occhi come a voler stuzzicare quella lacrima commossa che non scendeva, e poi s'è portato via le foglie. Lasciandomi nuda, sul corridoio.



(il tratto di strada tra Colle Val d'Elsa e Volterra)

Raccolgo dalla malinconia la mia parte felice, quella felice sempre, per dare un allegro benvenuto ai nuovi lettori!

sabato, novembre 28

La mia nonna. Una storia (un po') vera



Un viaggio, un altro, pensato, programmato, rimandato. Atteso.
Si perchè là, nella mia amatissima Toscana, con la terra rossa e i confini secchi dell'altipiano che va verso S. Gimignano, oggi qualcuno m'attende.
Ed io ho atteso, da quando l'avevo previsto la prima volta, di andare.
La mia nonna, che ha sorpassato la guerra libera ed indenne (prigioniero fu mio nonno, e non solo del suo cuore) è ora prigioniera in quella terra calda e ironica; dove, ironia della sorte appunto, a volte sogno di vivere. Dove ha comprato casa assieme alla figlia e al genero, aspettando che la figlia di sua figlia lasciasse il Piemonte per andare là, dalle parti di Volterra.

La mia nonna è professoressa di matematica, forse per questo sono brava a fare i conti, o almeno lo ero. Ora non conto più nessuno, a volte nemmeno i giorni, che pur se non c'è vecchiezza più grande di quella dell'anima, il corpo comincia ad evidenziare qualche linea scura sulla pelle, quando le pieghe dei sorrisi si disolvono.
Ho voluto fare questo viaggio un po' di sorpresa al destino, (decidendolo al penultimo momento, giusto il tempo d'avvisare che arrivo) perchè non gli venisse l'idea di mettere qualche ostacolo in mezzo; 'ché la prima volta mia zia era stanca e non s'è potuto fare, la seconda mi s'è rotta la macchina (s'è spenta un mattino al rosso del semaforo, a dire il vero, arrestata dall'età e da 200mila chilometri) e nemmeno il tempo di organizzare il terzo tentativo (la volta buona) che mi abbatto sulla strada e mi tocca ricominciare a vivere.
Questa cosa ancora non esce dal mio ricordo perchè in questa fantastica avventura che è la vita, la mia seconda possibilità (oddio, mi sa che sono già un po' di più) è, non dico in fasce, ma ancora ai primi passi.



Loro comunque si erano conosciuti durante la guerra, per la lodevole iniziativa che ha fatto di mia nonna una madrina di guerra, mentre il nonno allora giovane ufficilae, era prigioniero dgli Inglesi, in India. L'amore è sceso dagli aerei che bombardavano, ed ha colpito nelle parole delle lettere che si sono scritti, e più tardi tra i fiori del primo incontro e quelli della gioventù che se ne andava, mentre hanno dato vita ad una parte della mia storia.
Un marito quindi; tre figli, nove nipoti, e una certa dose di fortuna (quella mi pare che l'abbia già lasciata a me in eredità) La nonnna è stata anche l'altra nonnna, quella che non ho conosciuto mai.. Più  forte dell'amatissima sua sorella, morta appresso alla nipote suicida come se si fosse gettata anche lei dalla finestra, ma con una settimana di ritardo, mia nonnna ha battuto le difficoltà della vedovanza, la prima  e la seconda protesi all'anca,  la dissezione dell'aorta e non so quali altri guai, ed ora sta lì, in quel paesino della Toscana, ad attendere.

Potete immaginare con quanto amore avviene tutto questo?
Con quanta cura metterà le sue cose in bell'ordine, la crema sul viso, il cuore arieggiato e stirato con lavanda e margherite per apparire più fresco e cacciar via la solitudine dela campagna?

 Ho già riempito il cestino con marmellata e dolcetti e sistemato la mantella, quella abbinata alle scarpette da "non c'è nessun posto come casa mia"  che sono un buon auspicio per il ritorno; ma non riesco a pensare ad altro che al lupo, che si aggira nel bosco...
Così, anche se non s'intona al mio cappuccio, m'infilo l'anello di turchese, il portafortuna che mi ha regalato mia zia.
Una zia che mi sono scelta da sola. E che s'è mangiata il lupo.

mercoledì, novembre 25

Nascita

Congratulazioni a Pulci (Pulci è uno dei lettori di questo blog, non commenta mai, ma la sua arte parla per lui) che è diventato bis-papà!
Non ho un gran chè di parole ed allora dedico qualcosa al nuovo nato...



NASCITA

Mai più
come allora,
il pensiero
resta fermo
eco dell’attimo
in cui la notte
lascia al giorno
il passo

Ricordo:
sono rimasta
sull’orlo del tempo,
a respirare l’aurora.
Da quel momento
ho vissuto.


C'è in giro una catena d'auguri vignette ecc... quindi se volete sorridere e partecipare alla festa cliccate qui





lunedì, novembre 23

vaccino si, vaccino no

 Sarà vero che fa male? Serve davvero a qualcosa? Dottoressa° cosa dovrei fare?
Non so, io l'ho trovato interessante e sconvolgente (link all'articolo). Diciamo che forse potrebbe sembrare esagerato, in alcuni punti, ma ciascuno giudichi da sé.
  Buona lettura.

°  anche noi prorpietari di lauree brevi ormai ci possiamo fregiare di questo titolo: Se vi sentiste male in un posto pubblico mi raccomando non chiedete di un dottore! Un medico è l'unico che, con ogni probabilità, vi potrà prestare soccorso.

domenica, novembre 22

e io intanto..


Una giornata più silenziosa di altre  più lenta e meno allegra di ieri, a casa dai miei per un pranzo della domenica fuori programma e per l'appunto... non di domenica.
Domenica l'aurora è stata triste e dura; poche le ore di sonno, alle quattro ero già con gli occhi spalancati su un libro e il caffè fumante; impossibile riprendere il filo dei sogni se non verso le otto; è così che è cominciata. Nelle ore, quando dormi poco e ne hai infinite da occupare davanti, accade che si preda a fare il conto delle cose e chissà perchè mi metto a valutare quante storie finite male, quante idee non compiute, quanta fatica arrivare qui.. e poi dov'è qui?
Non so. Almeno oggi per un po' non l'ho saputo più, e ligia all'occhio del turista ho spazzato e aperto le finiestre mentre guardavo l'affollarsi di riflessioni scure come la mattinata.
E mi è tornata in mente una cosa letta e pensata cercando tra i blog altre vite, osservando le code fantasma in autostrada, ascoltando la mia signora che declama poesie asserendo che le scrive quando è triste.
La conclusione è che in genere (e generalizzando) la tristezza attrae molto più della felicità. Le persone felici,  quelle felici davvero dico, non i compagnoni che sanno tenerti su tutta una serata, anche se dentro piangono , hanno pochi amici, pochi lettori, pochi ascoltatori.
E' che forse hanno poco da dire. Quando parlano di quanto sono sereni, o comunque ottimisti ,ad un certo punto colgono la nota di disappunto sul volto dell'ascoltatore, ascoltano il cuore e cambiano argomento.
Il tempo e la salute della gente, di solito. Finchè l'altro prende il sopravvento con la sua storia.
Le persone felici non infilano un successo dopo l'altro, ma apprezzano ciascun successo; brindano alla sorte e alla prima occasione; nel momento in cui sono felici. E avolte anche quando non lo sono.
Perchè le persone felici non sono felici sempre; non hanno il sorriso sulla faccia come una bandiera, ma colgono ogni istante per quello che è, che sia doloroso, faccia paura, incanti. Solo lo fanno con la consapvolezza d'essere... felici.



Così scorrevano le idee lungo la pelle incartata dal sonno perduto, finchè con fatica, nel pomeriggio mi sono addentrata nel parco e le idee hanno preso a virare. Nei colori d'autunno tardo, come foglie che scendono lente, le idee cupe si sono posata sotto il sole a marcire in terra.


Ho ritrovato, come ciascuna volta che percorro i sentieri, lasciando che lentamente gli odori della terra, dell'erba, di fiori,  mi si affollino nei polmoni, la sconfinata gioia di vivere vicino ad un parco, come sognavo da bambina. E' un altro parco, ma c'è l'acquedotto, gli alberi rossi d'autunno, e perfino, in attesa della villa sulla collina toscana, ho il mio piccolo viale di cipressi, e molta più meraviglia!

Mi accingo a tornare con le emozioni ormai a rovescio; osservo negli ultimi raggi di sole, che li colpiscono come dardi di Cupido ,una coppia d'amanti appoggiati come abeti sul crinale, ad aspettare la sera.

Conto le ultime volte che mi è successo. Sflio di tasca i "se fosse stato" e "se avessi fatto" e li getto, vergognandomi un po', al lato del sentiero; e in fondo mi trovo, sgualcito dai piccoli malumori di oggi, un sorriso birbone... non so voi, ma io intanto sono felice!

mercoledì, novembre 18

sempre in viaggio





Il velo ricade di nuovo,
innanzi ai miei occhi che aperti,
ristanno sorpresi e sconfitti,
seppur sia men scuro di sempre;

o forse sarà che 'l chiarore
che prima splendeva isolato
traspare e colpisce lo specchio
nascosto dal sipario calato.

L'eco di luce rimbalza
e sfugge alla mente perplessa
che insegue ora come in un sogno
la visione che aveva riflessa.

Se alfin la coscienza si sveglia
col batter dell'al' di farfalla
s'espande sul vetro impiombato
cui il nero è già solo substrato.

Gioisco a veder che si svela
celata stella ch'era parsa opaca,
e apprendo che nulla mi stacca
da Quel che m'aveva incantata.

domenica, novembre 15

via dell'amore (nella foto)



La poesia si muove
Come un cavallo selvaggio,
nasce e già corre.
Invecchia e si fa
più matura e dolce,
più sicura sui campi
ove già galoppò;
rinasce a se stessa
pur se percorro
con la voce
lo stesso canto.

sabato, novembre 14

Vecchio


L’odore della morte
che sta lì,
a vegliarmi ...



Monili di rughe t’adornano il viso
regali indelicati del tempo,
amante leggiadro, e costante.

E quella pelle, ormai scarsa difesa,
crollatasi in quei punti, in altri, tesa,
sembra come un involucro mal posto,
rende palazzo vecchio, una rovina
d’antica architettura, evaporata
quasi che fosse un modo, minerale,
di rifuggire l’aspra gabbia umana
e traslocar nell’etere, immortale.

Traspar dagli occhi, ancor limpidi e chiari,
distacco calmo o rassegnazione stanca,
poiché quel corpo ruvido e consunto
non ha più forza per proseguir la danza.
Sulla tua sola e lenta decadenza
veglia colei che mai perdé speranza,
ne percepisco l’odore putrefatto ...
sorella Morte, che t’attende al varco.

Lento s’è fatto il gesto della mano,
già placido, e tremante poggi il piede,
ma giovane è lo spirito, che corre
fuori dall’alma, lesto, e la precede;
l’ultimo anelito di fiato fugge
via dalla bocca, disseccato anfratto,
ove riposta avei la tua saggezza
che lasci qui, come ultimo ritratto.


una vecchia poesia, un sentimento che non cambia, osservando nuvole che sembrano pelle anziana su di un cielo nuovo.
 





giovedì, novembre 12

il vuoto dentro

La signora PiEmme è stesa sul lettino, col suo braccio gonfio così, a seguito dell'intervento al seno. Può succedere. Le maglie dei tessuti si stringono per le cicatrici, più quelle dell'anima che quelle del corpo, forse; i linfonodi che giacciono in qualche discarica, estratti malati e gettati dove non possono più nuocere, carichi di cellule maligne come pistole a tempo non ci sono più a far pulizia.
Passi qualche giorno, qualche mese o anno, e poi tac, la bomba esplode. La bomba, si, non la pistola scaricata per fortuna. E il braccio si gonfia, e sei qui sul mio lettino per il linfodrenaggio, che ti aiuterà a ridurre le dimensioni del dolore; le conseguenze del dolore.
Si, perchè spesso, forse sempre, dice la ricerca il tumore e per certo quello al seno sopravviene a seguito di un lutto.
Non mi costa niente. Sto là con le parole in mano, mentre seguo il ritmo del massaggio, e ci infilo l'osservazione tanto per vedere come reagisce PiEmme.

"si, ma allora io l'ho avuto" (il lutto), mi dice con gli occhi più grandi del solito. Occhi che hanno occupato la vita di prima prendendosi cura dei figli, che poi se ne sono andati (sposati a stretto giro, l'uno e l'altro) e lei ha sofferto come una morte; occhi che oggi sono qui a guardare ed a cercare qualcuno che se ne prenda cura, anch se non potrò garantire che tutto andrà a posto.
"ah", concischio, per trovare la domanda giusta. "cosa ha provato quando se ne sono andati?"
"il vuoto. dentro".

Lo dice, lo giuro, a lettere minuscole ma per un po', mentre mi racconta che poi è venuta la malattia che le ha occupato completamente la vita, sento la sproporzione tra la piccolezza di un essere infinito come una madre, e quel vuoto spalancatosi con la percezione di inservibilità.

La storia,in questo caso, direi che potrebbe finire anche bene. La signora col tempo ha trovato gioia e appagamento nella pesca, assieme al marito. Ha trovato che in fondo, anche se non sa ancora come e cosa, qualcosa da fare deve averla ancora, se poi guarirà.
"quando"  suggerisco io. Ottimista.

La riflessione scatta a seguito, come se rivedessi la foto impressionante, quella del vuoto. Il dolore devastante della scomparsa di un sintomo, quello che fa sentire vivo chi si dedica completamente ad un ideale, ad un figlio o due, al lavoro, supponendo che sia lì tutta l'esistenza.
PiEmme, oltre a qualche cellulina virata e fastidiosa, in realtà ha in se già anche quelle della guarigione. Qualcun'altra l'ho incontrata che non ce l'ha fatta. Qualcuno ha sofferto, forse anche mia madre quando io e mio fratello riportati a Roma dallo studio ce ne andammo di casa; ma ce l'ha fatta senza... farsene una malattia.

Oggi non ho risposte, per tutto questo. osservo solo la prospettiva del vuoto, che si spalanca ad ogni lutto della vita; e mi sembra che possa racchiudere una infinita possibilità.



(Imprecisa perchè non sofferente... spero di non sembrare semplicistica)

domenica, novembre 8

gli occhi del turista

Si chiude la valigia, un po' salendoci sopra, un po' tentando in extremis di far entrare nei pertugi interni ed esterni le ultime cose. Quelle che naturalmente non servono. Lo spazio maggiore, almeno nel mio bagaglio, è occupato dall'aspettativa di meraviglia, come s'è potuto fin qui capire. Dalla fame di nuove visioni e di nuovi angoli da scoprire.
E poi immancabilmente è così.


Il bagaglio, quando si chiude tutto per tornare a casa, straripa d'esperienza e di romanzi di piccole e grandi avventure, ricordi che navigheranno nello spazio della memoria, celandosi a volte dietro la baia della quotidianità, per veleggiare ancora in vista, nei momenti inspettati o in quelli ricercati della visione delle foto.
Di solito, in uno spazio creduto impossibile da crearsi,   piegata alla meglio, si infila la tristezza di tornare a casa, affiancata dal desiderio appallottolato che tutto ciò possa durare pe sempre.
E poi, immancabilmente, è così.

O almeno esiste la possibilitò che accada. Perchè quello che il buon turista a volte dimentica, è che partire è anche ritornare con gli occhi nuovi. Quelli che passando in viale del Policlinico, avvezzi ormai a cercare la sorpresa incantevole, colgono il frammentarsi della luce su scogli verdi e gialli. La sfumatura di rosso dell'edera poggiata sulla vecchia villa abbandonata, diventa improvvisamente un miracolo dell'esistenza.
La goccia d'acqua sul bocciolo di rosa in via del Daino, si esprime come una poesia mattutina, e rilascia alle membra del turista ormai a riposo un senso di nuova scoperta.

La suprema meraviglia è tornare con questi occhi, che ritrovano la capacità di guardare dentro l'anima delle cose e delle persone. Tornare col desiderio di non dimenticare mai, che il panorama di oggi racchiude dentro sé ogni cosa che possiamo cercare altrove.
Tornare con la consapevolezza che ogni partenza ha in sé un seme essenziale che è il distaccarsi da sé, per osservare di nuovo non l'oggetto, ma oggettivamente.

Batto assieme i tacchi delle mie scarpette rosse, quando atterro sul suolo natio: e senza averlo desiderato mai, 'chè toglierebbe gioia all'andar via, ripeto allegramente invecchiata: non c'è nessun posto come casa mia.











un saluto ed un abbraccio ai nuovi lettoroi. Grazie di esservi fermati qui, di partire e soprrattutto di tornare.
Lila 

mercoledì, novembre 4

Auguri

Chissà perchè l'aurora d'autunno sembra molto più buia.
Sono totalmente ignorante in materia di geografia astronomica, ma posso immaginare che la logica spiegazione sia che alla riduzione della luce diurna corrisponda una diminuizione della luce notturna.
Poichè la luce è presente anche di notte.
Quindi, caro fratello mio, oggi che dopo tanti anni ancora inizi un nuovo anno, con questa luce poca che ancora sembra che non voglia acendersi nemmeno quella elettrica, e il ricordo del viaggio, e del sogno del viaggio, e del mondo immaginario del film di ieri sera...
ti auguro di trovare sempre la scintilla per dilatare l'immaginazione, per accendere un fuoco, per ravvivare l'atmosfera, per illuminare la via.
E che nel viaggio il bagaglio non sia greve , dimensioni massime consentite...55x40x20..., incredibile ma c'entra tutto: quello di cui credevi d'avere bisogno, quello che ti serve e tiservirà ancora. qualcosa da buttare per far posto magari alle meraviglie di Portobello Road;  e anche, ma pensa!, i ricordi che ci concediamo, le occupazioni preoccupazioni e i sorrisi di oggi, e il futuro.
Che non lo so, cosa hai messo in quel bagaglio, ma mi pare, e oggi ti auguro, che ci sia posto ancora per amici affettuosi, amori sinceri, e ottime occasioni!

un abbraccio, il più forte, il più affettuoso di tutti.