lunedì, giugno 29

ss. pietro e paolo

Oggi qui è festa... e mezza Roma, visto il sole splendente, alle nove del mattino è già sulla via del mare... anzi, sulla Pontina! L'altra mezza era partita ieri, evidentemente, e non ha assistito al delirio automobilistico: la codainiziava all'altezza della Laurentina (uscita del Raccordo), e si dipanava come un gigantesco boa fino al bivio per Pratica di Mare.
Le macchine erano tutte macchine, erano uguali stavolta!
Qui, per inciso, devo spezzare una lancia in favore dei camionisti, che scorgendo Beverly e me arrivare cautamente sulla mezzeria, si spostavano di lato per farci spazio. Altri, automobilisti che normalmente definirei un po' stronzi, li ho compresi come sconfortati, disperati, sperduti nei pensieri: se ne stavano in mezzo, con la ruota sinistra sulla riga, come a cercare di vedere dove finisse quel fiume maleodorante.

Si, che finalmente ho scoperto che quando si transita a fianco del Verano, nei momenti di traffico di punta, non è puzza di morto quella che si sente. Non c'è nessuna setta di tombaroli che scoperchia tombe alla ricerca di tesori sperduti.
Avevo riso per giorni, quando una volta ho fatto tra me questa osservazione ("c'è odore... di morto") e poi mi sono accorta che ero accanto al cimitero monumentale di Roma!

Ma non era quelllo, e non era nemmeno l'alito di morte che aleggia sulla Pontina, una delle strade più pericolose che conducono dentro e fuori Roma: due corsie strette, senza corsia di emergenza, che mietono più vittime del tabagismo!

L'olezzo raccapricciante è prodotto dallo scarico delle auto; si fa una gran fatica a trattenere il respiro; a respirare a narici chiuse sperando che non passi nulla di tutto ciò! Cercando una molecola pulita se non profumata, tra quelle che comunque piombano, anzi, impiombano, nei polmoni.
L'ossigenazione risente dell'esercizio, di solito. Poi mi sento stanca e nervosa... ma bisognerà pur proteggersi in qualche modo!

Odore di morte.

Siamo in fuga dalla città... e ci portiamo dietro tutto quello che c'è di peggio!
Esattamente come quando, invece di fronteggiarlo, volgiamo le spalle ad un problema e ce ne andiamo.
L'ho fatto, allora, quando non sapevo bene che prima o poi la vita ci presenta, come "quelli che il lunedì si mangia il polpettone", lo stesso piatto. Finché non lo mangiamo. E digeriamo.
E allora, che fare?
Un boccone per volta, diceva qualcuno, si mangia pure un elefante!

Tuttavia qui la questione è immensamente complicata...

E allora al ritorno mi immergo nei campi, fra strade laterali che attraversano la Laurentina, l'Ardeatina, e giù fino a Roma. Tanto per capire se la Terra c'è ancora. Libera. Sconfinata. Carica di odori pungenti, incantevoli, estasianti.

Prima del raccordo arriva in mio ultimo soccorso la natura stessa. Con la sua dolce mano di Madre, scatena un'inferno di pioggia e tuoni, che lava come Lete la memoria dell'odore mefitico, già nella sua premessa. E si trasforma in pioia, quella sottile di Paradiso.
Che è tutto fuor che acqua e mi restituisce il senso della vita che vive. Dell'aroma di limpidezza e gioia, di quando al mattino, nei week end braccianesi, cammino in quiete sulla sponda del lago.
Del parallelo, tra ciò che è fuori, e ciò che è dentro.

Arrivo a casa., e comincio a passare lo straccio!

la tua assenza

Paul Auster
La tua assenza
è un silenzio sulla pelle
ove manca l'eco del contatto;
d'una vibrazione
che scivola nel cuore
e inumidisce il correre
avanti e dietro del respiro.
Sospeso. In attesa.

La tua assenza
è un silenzio sul cuore
ove manca l'eco delle parole;
d'una vibrazione
che accarezza l'orecchio
e svuotandone la coppa
attenta al particolare
intorpidisce le istanze dell'anima.
Le distanze mantenute
fra essere me e te.

La tua assenza
è un silenzio sull'anima,
ove manca l'eco della tua immagine riflessa.
Si dilata fino a lacerare
l'intenzione di rimanere sola e in attesa.

Nel silenzio,
se tu non ci sei,
non sono io.
Ma io e te.

giovedì, giugno 18


...uno scooter, datanti al mio, nel traffico legnoso da pomeriggio caldo... il bauletto è aperto e fuoriesce una borsa nera, mi avvicino per segnalare il guaio al pilota... soffermo il pensiero sull'identificazione della borsa: Gab's. Senza dubbio. Bella.
Dopo aver fallito per mezzo pomeriggio il mio gioco favorito di bambina, riconoscere i modelli delle macchine, scopro con esausto sconforto che da adulta non ne sono più in grado (forse perchè si somigliano tutte, come i cinesi agli occhi degli occidentali); però sono in grado di identificare una borsa firmata... e non solo.

!!!

Il processo mentale che mi aveva soffocato ogni pensiero intelligente mentre arrancavo per via del Corso alla ricerca di "un abito per matrimoni"(due, in venti giorni), si fa finalmente palese: ho inseguito i vestiti per via quasi più che quelli in vetrina, identificandone i marchi e a volte anche l'anno... in che cosa mi sto trasformando?

Provo a credere che sia un gioco da estate. Una specie di parole crociate per cervelli a riposo.

E sperando che non sia troppo tardi rientro a casa e mi infilo la maglietta prediletta (mercato di Talenti, 5 euro) e i calzoni da strapazzo: Germania, 5 marchi... quando ancora c'erano i marchi.
Le monete, voglio dire.

mercoledì, giugno 17

anniversario

Abbiamo lo stesso anniversario, io e mio fratello. Solo che lui è più grande, quindi è caduto per primo.
A distanza di un anno, ed oggi per me è passato un anno.
Ho visto le strade della Sicilia, nel frattempo; ho ritrovato la mia amica, ho scritto ed ho scritto a lungo, ho scattato foto, ricominciato a correre, a muovermi, a camminare.

Ho giaciuto a lungo, ho mangiato poco, ho pianto. Ho chiamato per prima cosa i pazienti per avvisare che non sarei arrivata. Mi sono messa da sola sulla barella.
Sono nata sull'asfalto.

.... e il gatto della Velaia, la padrona di casa, oggi è caduta dal terzo piano.
Anche lei alla fine si rialzerà da quel ventre all'apparenza piatto, che ci priva del respiro della terra se non riusciamo a percepire oltre la patina di asfalto, che ci abbiamo imburrato sopra. Che sembra solida, ma in questi giorni afosi e bollenti si squaglia e si dilata, lasciando traspirare le emozioni dal sottosuolo.
Così scendo nel cuore, e adesso voglio solo stare e sentire tutto il dolore.

La 'reminiscenza'.
Tutto il dolore.
Quello fisico, secco, improvviso. Lacerato prima della sua persistenza in quell' "oh, s'è rotto qualcosa", lo sprazzo lucido prima che il mondo di ieri si chiudesse, e aprissi gli occhi sulla gente che radunata a guardare.
Era la premessa ad una nuova storia. Lo sapevo.
Chissà se c'era tanta gente anche la prima volta.
Ma intanto adesso ho il vantaggio di poter già osservarne i protagonisti mutare; prendono una parte delle idee del creatore, e svolgono la trama a piacere. Mutando i caratteri iniziali.
Indisciplinati e sorprendenti.

Inizialmente è stato solo dolore. Per ore.
Fisico.
Morale. Perché la colpa certamente era anche mia. Del calo d'attenzione, della fretta, che non mi prende più le viscere allo stesso modo. La vedo, ora, che arriva. E lascio che sia il ritardo, l'incertezza; lascio anche perdere a volte.

Solo dolore.

Cosa facva male? avrei voluto chiamare i miei, e sapevo che era meglio non farlo. Il mio amico eccezionale era con me. Mi ha visto piangere, anche se non potevo dire che tante di quelle lacrime non c'entravano con il dolore.
Sono venute fuori insieme alla gioia di sapermi ancora nella possibilità di tornare come prima.
A grappoli.
Tonde e nere.
Gemevo già l'assenza della luce: non riuscivo a sentirla più addosso. Nei corridoi di pronto soccorso non ci sono finestre. E la luce del neon toglie la vita dalle cose.
Rende tutto freddo e distante.
Quando guardi dalla parte del medico le cose devono essere così, o non vivi più.

Solo dolore.

Ora è andato via anche il ricordo fisico, che con prepotenza oggi, per un attimo è tornato esattamente com'era.

Rimane un emozione sottile che si dipana dal'angolo della via; un aria che gira verso casa, sale tra i denti come fossero le scale e infla la porta delle labbra e si riposa nel sorriso.
Che oggi compie un anno. E prova a levare uno sguardo innocente sul futuro.

(senza dimenticare Muddrica, infortunata sul selciato di Trapani)

il viaggio promesso (6)

Levanzo
5 giugno

Levanzo è una gemma rocciosa montata su un anello di turchese.
Cammino sul sentiero che sale dal faraglione verso il niente, fino ad un luogo adatto per sedersi a meditare; e riprendo il respiro, appoggiandone i movimenti al battito dell'ala dei gabbiani, spuntando le idee nel rumore del mare sugli scogli. Sorprendendo i pensieri che riemergono costanti come il vento.
Il sedile di roccia dirige lo sguardo su Marettimo; inseguo un'idea, la perdo quando rotola verso gli scogli sul fondo della scarpata.
E poi, solo un attimo, non so più dove sono, e non conta più cosa, né chi.
Come la sofferenza, osservandola, svanisco.
Un attimo.
Ma proprio un attimo.

Riprendo la via, sola tra i passi e i pensieri.
L'ultimo giorno, il settimo, mi riposo.

venerdì, giugno 12

Certi addii

farfalle a Mozia

Il nero, denso,

maleodorante umore

che fuoriesce dalle ferite

svela che fu l’orgoglio,

più del mio cuore,

ad essere colpito.

Guardo bene.

E vedo solo

una piccola cicatrice.

giovedì, giugno 11

il viaggio promesso (5)

2-06
ho scoperto con un certo sconforto che non posso più mangiare gelato!
Alla sensazione di leggero gonfiore e pesantezza si è aggiunto il 'colpo di sonno' che segnala inequivocabilmente che ho esagerato, così cerco di raddrizzarmi e riattivare qualcosa in più delle funzioni base (digeriregelato-respirare-digeriregelato) durante la passeggiata a Cornino.

Un punto di vista davvero piacevole, e che mostra come ad Erice ci siano sempre le nuvole... Dietro la Torre, infatti si può osservare unn monte coperto da una nuvola: là dentro c'è Erice!

Il pomeriggio è stato un lungo e piacevole incontro di parole ed esperienza, nella quale abbiamo tessuto una Vela nuova, scoprendo un altro modo in cui due strade avevano portato me e la Velaia allo stesso porto.

Forte di questa lunga compagnia, il giorno dopo il viaggio è ripreso in solitudine, sulle tracce dei Fenici nell'isola di Mozia.
I turisti sono ancora pochi, e uno di loro, un ometto con moglie grassoccia e con aspetto trasandato, mentre arriviamo all'isola sulla barca preferisce osservare, piuttosto che i morbidi contorni dell'isola, le dolci curve della signora tedesca, la cui gonna leggera viene sollevata scherzosamente dal vento...

Nessun imbarazzo, e gliene rendo merito, quando si accorge che il mio sguardo s'è distratto dall'approdo per osservare la scena.

Mozia è una camminata gradevole nella natura, con anche piacevoli aree di sosta all'ombra, sapientemente architettate per sollevare dall'esposizione solare. Le rovine anche qui non sono 'sì favolose da strappare degli "oh, che meraviglia", ma l'insieme di Dio e umana sconfitta ancora una volta spazia le emozioni, sospsendendo qualche pensiero alle rotte dei gabbiani.

martedì, giugno 9

il viaggio promesso (4)


Selinunte è tappa obbligatoria, quando si viaggia su questo versante della Sicilia.
Ricorda Tulum, a chi c'è stato; il sito dei Maia appollaiato sulla scogliera del mar dei Caraibi, le cui rocce sono di colore diverso da queste, ma permeano il cuore della stessa grandiosa sensazione... di perfetta assonanza. Come di 'realizzazione'.
Inutile provare a descriverla, ora. Quando vi trovate di fronte ad una tale perfetta integrazione dell'opera dell'uomo in quella di Dio, avete una idea precisa di ciò che sto ricordando.
... a dire il vero accade anche in altri, meno evidenti, modi.

La traccia silenziosa del viaggio si interrompe di fronte a questo tratto di mare, prima di rientrare a Trapani. Ma l'estasi ha destino diverso, e si ripete il giorno dopo, tra le alte colline che racchiudono i resti di Segesta.
Alle spalle del Teatro (qui rimando alle poche foto su Flikr) uno sfondo che vale da solo il prezzo del biglietto...



E qui si è filata altra trama, con la Velaia di T. che mi ha accompagnata, in un fiume di parole e racconti che hanno del silenzio la movenza eterna.

lunedì, giugno 8

il viaggio promesso (3)

30 o5

giardini della Kolimbetra
Nel ristorante del campeggio guardano Walker Texas Ranger; quando arriva qualcuno, forse pensando di fare cosa gradita, lo sostiutiscono, ahimè, con un raccapricciante programma di MammaRai. Così torno con la mente e tra le foto, alla mia giornata...

I templi, visitati alla luce calda del pomeriggio, quando già le comitive di turisti scemano lasciando il posto a poche coppie eterogenee, conservano il fascino della loro storia, anche se restano muti, a guardarli da fuori. E all'interno ormai non si può mettere piede, neppure in quello di Castore e Polluce, di cui poche colonne ritte verso il cielo testimoniano l'esistenza. Il tempio di Giove devi crederci che c'era. Restano solo pietre disordinate, che fiancheggiano il sentiero che conduce al giardino della Kolimbetra; incantvole frammento di verde e frescura, in una spaccatura della terra. Una valle di paradiso, invece che l'inferno di calore che s'intuisce essere la spianata dei Templi, in estate. Oggi comunque l'aria, pur promettendo già scirocco, resta gradevole, ed accompagna i passi tra rovine e alberi di Carrubo e Bergamotto, Mandarino e Zagare. Bisogerà tornare in primavera...

fiori al tempio di Giunone
Ci ho messo dodici anni, ad arrivare qui.
Il viaggio di compleanno, promesso anche più volte e da più tempo, è diventato un viaggio tra ciò che ero quando ho perso le tracce della velaia, ed ora che ci siamo ritrovate su un'isola perduta nel tempo.

Solo che il tempo non è perduto. Qui, sola, osservo, socchiudendo l'orecchio che si trova dal lato della tv, come in realtà tutto il tempo intercorso fosse necessario, a trovarci... come se non ci fosse tutto questo spazio di cose da raccontare.

domenica, giugno 7

il viaggio promesso (2)


La macchina dell'autonoleggio è una 500 rossa... solo che io me l'aspettavo come quella di mio fratello: vecchio modello, presente? quello squadrato che non fanno più perché non piace a nessuno, o forse somigliava troppo poco a se stessa e troppo alle altre auto... beh, cerco con gli occhi una vecchia 500 con la vernice scolorita, mai stata in garage, povera vecchia auto, però è andata in Grecia, e questo la fa sentire importante, di fronte alle tante utilitarie che non hanno mai lascito la città. Qui però c'è altro: la macchina è rossa, si, ma fiammante! non l'amerò fino ad acquistarla, ma davvero mi fa sentire 'diversa': come se mi avessero riempito il cuore di pepe e quello stesse lì a saltare e ridere per l'effetto!

Guido a lungo, per raggiungere Agrigento. Almeno, sembra lunga questa strada dove passano pochissime auto quasi come nella mia vita. Poche persone, almeno quelle vicine. Tanti gli scorci laterali, gli estranei che formano folle di cui non ricordo più. Qui mi appoggio solo sulla solitudine che avevo cercato. L'unica musica è il rumore delle ruote sulla striscia d'asfalto; la mente che ricorda; la mente che dimentica.

Eraclea Minoa mi prepara alla struggente meraviglia della scala dei Turchi...
,E' spiacevole e stupido da dire, ma il sito archeologico, quando si è abituati alle grandiosità del Colosseo, o alle storie racchiuse tra i resti del foro romano, è un po' deludente. Tuttavia il posto è incantevole, e gli occhi si perdono finalmente nel mare, dopo il lungo viaggio nell'entroterra, e le prime percezioni dell'orrore edilizio perpetrato ai danni di questa terra straordinaria.
Lo stesso orrore mi impedirà più tardi di salire ad Agrigento, che resta appollaiata sulla collina che sovrasta l'acropoli, nella "valle" dei Templi, come un nido lasciato vuoto. Vista da sotto, almeno, non ha alcun fascino.
Una bella donna sfatta, che riposa da sola su un letto di ricordi, contemplando le antiche rovine che ha dinanzi, come vecchie foto di passata beltà.

Prima di arrivarvi tuttavia, mi gratto i piedi nella sabbia ai piedi della scala dei Turchi, su cui imbiancherò le piante oggi e, senza saperlo oggi, anche domani di più. Più in silenzio. Respirandone l'essenza e restando sospesa tra terra e cielo, come un polline di soffione aggrappato sul vento di scirocco.

il viaggio promesso


28-5
5 minuti alle 20.00: esercito una improvvisa straordinaria capacità di parcheggiare. Infilo 3,95metri di macchina in 4metri di parcheggio. E mentre scendo dall'auto si leva l'applauso di un automobilista (no, davvero, mi ha fatto i complimenti), e il disprezzo della critica sociale: quei 5 centimetri in più di spazio sono tutti nella striscia del parcheggio disabili.
Il viaggio è cominciato così.

5 centimetri di spazio, e mezz'ora di ritardo nel volo; così atterro alle 0,15, ora locale, come qualche anno fa fuoriuscivo da un ventre più caldo del Boeing della Ryan Air, e mi iniziavo a questo lungo viaggio a terra. Era la mia prima nascita, e avevo ancora poca dimestichezza con la terra, così non ho potuto subito correre fuori, come ora, e stirarmi nell'aria fresca di una sera distratta, che appoggia un velo sugli occhi e presto placa questo voler essere al mondo, con un sonno breve in un letto estraneo.
Ogni volta nasco in modo diverso. Qui è lo spirito, se l'anno scorso, sulla piatta e rugosa superficie stradale, era il corpo a riaprire la messa in discussione di sé.

29-05
Stanze dentro a stanze, il Baglio di famiglia nella terra che si chiama Nubia, campagna di Trapani, sembra una memoria di casa spagnola. Ricava nella mente la sensazione del labirinto. Apro e chiudo porte, alla ricerca della cucina, e scovo l'uscita nel cortile. La seconda a farmi gli auguri è l'affettuosa padrona di casa, che ha il pelo bianco e nero, come le prime idee dei bambini; gentile come una vecchina che riceva la visita dei nipoti.
Gentile e un po' invadente.
Come è giusto che sia, dopo una notte di silenzio rotto dal dubbio di sapere se l'ospite avrebbe riposato bene, se i biscotti era meglio accompagnarli col latte o col caffè, o forse serve solo il caffè perché i nipoti, si sa, ad un certo punto crescono. E finiscono con scegliere un viaggio nella terra degli avi, piuttosto che dove gli stessi ora vivono, nella civilissima Toscana, che essendo raggiungibile in macchina sembra che possa stare là per sempre....

Lila dallo specchio, questa mattina, è stata la prima a sorridermi: stirando i lineamenti, sovrapponendo una faccia all'altra, fino a divellere la maschera del lavoro, che ancora ieri era poggiata addosso, e già ora sembra non esserci più. Sono nata oggi, ed è giusto che sia così. Ho una infanzia di otto giorni da vivere.
Un meraviglioso senso di irresponsabilità danneggia l'organizzazione della mente, e lascio che il tempo stritoli le vecchie abitudini, sostituendole quelle di qui. Un ritmo lento, che srotola le tracce lungo le vie di Trapani, a colazione con i ricamatori di Vele, e prosegue il viaggio innalzando le vele.

Un viaggio sull'acqua, dopo quello nell'aria. Per giungere alla terra calda di Favignana.

Trascorro nel sole le prime ore, affogata nella bellezza di Cala Azzurra, Punta Sottile, Cala Rotonda... dove ovviamente, in onore del viaggio che riprende, si cela l'arco di Ulisse.


Da qui in poi, il più sarebbe troppo, così ritorno inebriandomi dell'odore di sole sui fichi d'india, tra gli oleandri, nei sottoboschi della pineta. Benefico come una tisana, il calore scioglie i residui scuri lungo strade che conducono sempre ad ipotesi di nulla: il pensiero si cancella, cioè, nella scoperta senza aspettativa. Nello spettacolo senza avanzi di desiderio.
Di più appunto, sarebbe troppo.

In piazza Europa rinfranco le membra all'ombra, e restituisco la vista agli occhi; quello del cielo scorge le volute sulle colonne del municipio. L'altro segna il percorso con un umore blu, sul taccuino.