martedì, ottobre 14

Un suono da sopravvento


un attimo di quiete. Non voglio ancora aprire gli occhi, riprendere a correre, infilare i passi uno dietro l'altro senza più contarli; senza quasi il tempo di sentire il piede che rotola (tallone, bordo esterno, infine l'alluce) fuori dall'orma che ti lasci alle spalle.
Avverto la contrazione lenta del silenzio e della solitudine che scivolano via, ritraendosi con un vago sordo crepitio; ci resto incollata, mi mantengo in un mondo ad occhi chiusi, dove si può solo percepire l'ombra che si disfa, si rarefà inchiodata nell'angolo. Sbatte le ali disperatamente prima di accasciarsi e spingermi a ripiegarla nel fondo di un cassetto.
Comincia così, e poi si trascina questo giorno, nel tentativo di mantenersi sotto tono, infilata anch'io tra le camicie piegate, immobile per non stropicciarle. Comincia così, e non fatico a mantenermi come un sussurro, appoggiata all'ombra delle case, appiattita sotto i fili d'erba, fin quando vengo tradita dal trovarmi in tal modo sottovento, e un paio di note di violino mi raccolgono dal marciapiedi.
Odio il violino, sussurra l'ombra nel cassetto.
Tuttavia, qualche altra nota rotola verso il mio disperato tentativo di mantenermi dietro l'angolo, tracima dal bordo delle grida sguaiate del vecchio cenciarolo, e mi gronda addosso. Mi resta addosso; come se fosse rugiada e questo fosse il mattino che non ho vissuto, incollata all'apostrofo della notte.
Odio il violino (geme l'ombra nel cassetto) lasciando che il suono prenda il sopravvento.

Nessun commento: