martedì, ottobre 28

Bici blu

Domenica ho tirato fuori la vecchia bici blu, regalo di un carissimo amico, cui ne hanno regalata un altra... e forse un giorno io la regalerò a qualcuno; ma intanto è parte della mia nuova vita, essendo giunta dopo l'incidente, nata in strada, e come me già vecchia ad una nuova vita. Secondogenita.

Assieme al sudore, mentre pedalo dalla pelle si sfila il ricordo di quella vecchia canzone dei boyscout, che recita più o meno: "ho tirato fuori la mia vecchia bicicletta, / quella d'altri tempi col manubrio da corsa / il cambio a tre marce con il filo e la levetta..".; diventa la colonna sonora di questo viaggio per la città e quando non ricordo le parole intercalo con un sorriso, "che si allarga piano piano".
E mi viene da rivolgerlo a tutti, oggi, un sorriso. A tutti: alla signora con lo sguardo basso, e l'angolo della bocca piegato all'ingiù, come le maniche delle camicie riposte nei cassetti.
All'uomo con il cappello, che gratta il cambio e va lentissimo sul viale dei ricordi; la moglie, al suo fianco, è già arrivata a quella volta che, invece di andare ad Ostia, s'era mangiato un gelato a Frascati; e mentre cercava di misurare attraverso lo stiracchiarsi di Roma quanto fosse lontano il mare, lui le aveva preso le dita fra le mani, e fatto un promessa..
Intanto mi passa di lato la casa diroccata, quella che: "se vincessi al super enalotto". Non gioco, ma se vincessi, la farei restaurare: con le sue bifore, la torretta, lo stemma, sull'architrave di marmo, che schiaccia una porta che quasi non esiste più. Il giardino sul retro ,che divide la casa dalla nuova villetta, è invaso dalle erbacce; la vite americana, rossa e potente, si mescola con l'intonaco; una colonnina delle bifore è spaccata, s'è gonfiata come una gangrena. Ma io la vedo, nel suo massimo splendore: un castelletto, adesso un po' fuori posto, che era il confine della città, e rimane come baluardo di un tempo in cui le pecore, non le villette, erano l'unica cosa bianca che si vedeva nei prati.
Più avanti, nel recinto vicino all'acquedotto romano, qualche pecora magra a dire il vero c'è ancora. Gli agnellini le saltellano intorno e cercano invano di ciucciare il latte cdalle mammelle maldisposte, o forse vuote, perché la terra rivoltata è più dell'erba.
è di fronte a questi balzelli scoordinati, dell'agnello bianco e dell'agnello nero, che trovo l'unica persona che ha messo un sorriso, al posto del vestito da festa; e sta lì a contemplarsela, la vita, che nonostante tutto prende il sopravvento.


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